La minestra di agnello è un classico della cucina islandese, la si trova ovunque e merita l’assaggio, soprattutto per le caratteristiche eccezionali delle carni, ecco perché.
Si chiama rèttir ed è un evento molto particolare e legato alle tradizioni popolari islandesi che, ogni anno, viene celebrato alla fine dell’estate in tutta l’Islanda. Si tratta sostanzialmente dello smistamento delle pecore prima della stagione invernale con l’utilizzo di particolari recinti. Sì, perché in Islanda gli ovini vivono liberi per tutta la stagione bella non avendo nessun predatore pericoloso e, prima dell’arrivo dei freddi intensi, devono essere riportate ognuna al proprio ovile, con eventuali agnelli annessi nati in primavera. Si stima che il numero di pecore in Islanda arrivi a circa 400mila e raddoppia nel corso del periodo estivo con i parti stagionali. Un numero immenso di animali che richiede poi meccanismi complessi e un gran numero di persone per il loro smistamento.
Le pecore vengono radunate in giorni prestabiliti in recinti di forma circolare con un anello esterno diviso in spicchi, uno per ogni fattoria; i capi vengono quindi divisi in base alla targhetta che portano all’orecchio. L’operazione di ricerca e raduno è molto complessa perché le pecore possono trovarsi ovunque. Una persona prestabilita conduce le operazioni di raduno e un’altra di smistamento. In questa operazione vengono coinvolti tutti i membri di famiglie e comunità e, nella fase finale, vi è sempre una festa.




Vivendo libere di muoversi e pascolare in questi luoghi incontaminati, la qualità delle loro carni è davvero eccezionale e, la maggior parte di esse, contribuiscono al sostentamento della popolazione islandese. Oltre al pesce, la carne ovina è un vero e proprio must. La si trova in ogni luogo e regala grande soddisfazione gastronomica. Si tratta di una carne tenerissima, dai sentori tutt’altro che ovini: delicata e succulenta. La si può assaggiare ad esempio in versione burger, disponibile in ogni dove è infatti il lamb burger, il calssico hamburger con verdure e salse con il patty a base di agnello. In alternativa, in versione più tradizionale, le costolette grigliate sono un comfort food perfetto. Ma il vero piatto da assaggiare, ottimo per i freddi artici e per riscaldarsi dopo una giornata all’aperto, è la zuppa di carne islandese, quasi sempre a base di agnello. Si chiama kjötsúpa e, in realtà, non è una vera e propria zuppa. Assume più le sembianze di una minestra visto il suo essere molto brodosa. La ricetta è, come tutte le preparazioni popolari, a discrezione di chi la prepara, ma in linea generale viene utilizzata carne di agnellone ridotta in tocchetti. A questa vengono aggiunte alcune verdure, come rape, carote, patate (che non sono verdure in realtà) o verze; alcuni vi aggiungono anche riso, farro o altri cereali. La verdura viene mondata, sminuzzata e fatta brasare in padella fino a al suo appassimento; a questo punto viene aggiunta la carne e brasata anch’essa con le verdure. Quindi, quando risulta tutto bello asciutto, viene aggiunto del brodo e lasciata sobbollire per circa due ore ed ecco fatto il piatto per eccellenza più consumato, diffuso e amato dagli islandesi. Qualche fetta di lava bread (il tipico pane di segale cotto sotto il terreno “caldo” in pentole di terracotta) spalmato con un poco di burro et voilà: un pasto ricco, sano e caldo.





Esiste anche l’agnello affumicato, ovvero l’hangikjöt: si tratta di cosce ovine salate a secco e poi affumicate a freddo. Un piatto molto consumato durante le festività natalizie. Il suo nome significa letteralmente “carne appesa” perché viene appunto appesa per essere affumicata. La carne viene poi bollita e servita affettata calda, accompagnata in genere dalle classiche patate con la besciamella (altro piatto molto diffuso).
Le carni di agnello sono talmente consumate nella cultura gastronomica islandese che anche nei supermercati è diffusissimo, al pari del salmone o forse più. Viene venduto a pezzi in confezioni sottovuoto.
Carni di altissima qualità, che hanno dato sostentamento nel corso dei secoli a queste popolazioni costrette a vivere in condizioni ambientali estreme insieme alla lana (anch’essa di qualità eccelsa), che ha regalato calore anche nei momenti peggiori.
Parole e fotografie di Lara Abrati