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Alta cucina di sostanza: al San Martino, un concentrato di bellezza e solidità

  • 15 Febbraio 2024
  • Lara Abrati
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Una proposta salda, che pone le basi nella storia della famiglia Colleoni e della passione che Beppe, chef storico, titolare e padre degli attuali proprietari, ha messo nello sviluppo di ciò che è diventato il San Martino di Treviglio oggi. Limitante, per il ristorante, è riassumere i suoi vanti nel fatto che da ormai 30 anni consecutivi viene confermata la stella Michelin: il San Martino è molto di più.

L’esperienza gastronomica al ristorante situato nel cuore di Treviglio non lascia spazio all’errore. Nessuna sbavatura, nessuno scivolone: la professionalità di Paolo Colleoni e di tutto il suo staff rasenta la perfezione. Nessuna stravaganza, ma azioni e scelte precise: dal cibo agli abbinamenti liquidi. Qui si osa, ma senza strafare. Non ce n’è bisogno perchè ogni singolo dettaglio racchiude significati più grandi, per chi li riesce a cogliere.

Una personalità forte quella di Beppe Colleoni che, con il supporto della moglie Olga, ha dato forma a ciò che nei decenni è diventato questo ristorante. “Era un ristorante con bar e albergo – racconta Paolo Colleoni, figlio di Beppe e direttore di sala – che mio padre Beppe ha saputo trasformare in quel che è oggi grazie alla riflessione continua e all’innata curiosità. Ricordo molto bene dei viaggi avanti e indietro per la Francia, alla scoperta della sua cucina e dei suoi vini. Grande virtù di Beppe era la sua capacità di apprendere e riflettere in continuazione, facendo sue moderne tecniche di cottura, ma anche l’utilizzo di prodotti di prestigio o la selezione di etichette che in Italia allora non si conoscevano”. Forte è il ricordo nei confronti del padre e forte è la stima con cui Paolo ricorda e parla di lui.

Il ristorante è stato ristrutturato nel 2019, in occasione del 25esimo anniversario della prima attribuzione della stella Michelin. Gli ambienti sono molto grandi e in grado di ospitare 11 tavoli. Oggi la cucina è il regno dello chef Stefano Locatelli, che con infinita umiltà ha messo la sua professionalità a disposizione della cucina di questo ristorante dalla lunga storia, con profondo rispetto e totale dedizione.

Al San Martino di Treviglio oggi si continuano a trovare i piatti che ne hanno fatto la storia, come il celebre Plateau Royale, che viene servito sin dal 1994 e parte da un desiderio che Beppe Colleoni custodiva dal 1992: il portare in pianura bergamasca ciò che aveva potuto gustare oltralpe in termini di pesce crudo. Ai tempi mancavano i supporti, mancava la conoscenza di questo piatto. Nel 1994 fece l’ennesimo viaggio in Francia alla ricerca dei supporti su cui servire le crudità e arrivò proprio da Dehillerin, una bottega storica parigina dedicata all’oggettistica di cucina. Tornò e iniziò a proporre i suoi crudi di mare, secondo disponibilità di mercato. Ebbe un enorme successo.

Il pesce domina letteralmente la cucina del San Martino. La conoscenza della materia prima porta la cucina a proporre piatti di diversa tipologia e concezione. Piatti eleganti, netti e “puliti”. I crudi lavorati alla perfezione e non banalizzati, con la massima attenzione all’estetica. E quando scrivo massima attenzione all’estetica intendo proprio quello: tendenza di ispirazione giapponese (che si può dire stia ispirando l’alta cucina un po’ come successe decenni fa con la Francia), come alcune preparazioni che uniscono brodi a materie prime proteiche. Non manca mai la pasta corta, quella che si mangia con il cucchiaio. L’ispirazione giapponese la si percepisce anche in alcnuni abbinamenti, a volte stravaganti, ma sempre precisi. Non mancano ad esempio i sake, serviti come si deve da Alessandro Cavagnoli, che affinaca Paolo nlla gestione della sala: vero intenditore del distilato di riso e di tutto ciò che ruota attorno al mondo del bere.

Tra i piatti in menu di netta ispirazione nipponica che regalano grande soddisfazione e curiosità, c’è foie gras, datteri e senape ove la scaloppa fresca viene svenata e marinata con sale, pepe e zucchero. Al momento dell’ordine, viene scottata in padella per bene e servita su datteri conservati in aceto di riso affumicato. In sala viene aggiunto il brodo, preparato in stile orientale: a base di verdure stufate, con l’aggiunta di alghe kombu, pepe timut, katsuobushi e salsa di soia. Infine, qualche seme di senape in agrodolce. Umami, dolce, agro, salato: tutto e perfetto, compresa a consistenza del foie gras, che unita al brodo regala un’esperienza gustativa e tattile inusuale.

La pasta in bianco è un piatto da citare: trovo favoloso mangiare la pasta corta con il cucchiaio. Un modo che permette di assaporare il piatto così come è stato pensato dal momento che diviene impossibile non gustare tutti i suoi elementi in contemporanea. Alla base un fumetto di pesce, con acqua di vongole e un brodo di seppia chiarificato. In questa parte di liquido vengono finiti dicuocere i ditalini del pastificio Felicetti. A questo punto, raggiunta la cottura, vengono scottate a parte le seppie poi aggiunte; il tutto viene mantecato con burro acido. Infine, una spolverata di Tête de Moine, un formaggio svizzero di vacca prodotto rigorosamente a latte crudo.

La ricciola, a crudo, tagliata come fosse una tagliatella e servita con rabarbaro e shiso in salsa e in veli. Preparata con ricciole pescate molto grosse, che superano i 15 kg. Dopo averle abbattute e lavorate a norma di legge, i pezzi di filetto vengono tagliate molto fini. Insieme alla ricciola il rabarbaro in salsa, preparata con l’estratto dello stesso con l’aggiunta dello shiso viola: l’obiettivo è quello di bilanciare la sua componente acida tagliente utilizzando lo zucchero, l’aceto di Champagne e il sale. I veli sono preparati tagliando il rabarbaro sottile sottile, poi marinandolo al fine di renderlo allo stesso tempo croccante. ma flessibile. Per finire, l’ibisco in polvere. Intrecci, ombre, colori.

Tutte le erbe utilizzate in cucina sono coltivate e curate con infinita passione direttamente da Paolo Colleoni.

Al San Martino si finisce poi con il formaggio. Un carrello che custodisce i migliori tesori caseari d’Otralpe, i formaggi della storica fromagerie Janier di Lyon.

Che esperienza al San Martino di Treviglio: un concentrato di storia, attualità, conoscenze, persone, attitudini e attenzione. L’incarnazione dello spirito bergamasco: testa bassa e fare bene, senza inutili tentativi di enfatizzare ciò che sono: non ne hanno bisogno, perchè che (non) se ne dica, loro “sono”. E nel mondo della cucina è oggi sempre più difficile incrociare realtà come questa.

Parole di Lara Abrati

Foto di Matteo Zanardi

In partnership con il Ristorante San Martino di Treviglio (Bg).

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