Bolle restaurant di Lallio (Bg) non è più ormai un’insegna nuova della ristorazione bergamasca. Ma io, purtoppo, non c’ero mai stata.
Quando si varca la porta di Bolle restaurant, è impossibile non notare le bellezze dello show room a firma Baldassarre Agnelli. Entrare qui è stato per me come mettere piede in un luogo quasi sacro. Ogni oggetto in esposizione emana un raro fascino, quello tipico delle cose belle e fatte bene. Ripresa quindi dalla prima sbornia di emozione, iniziamo la salita sulla scala che porta direttamente nella sala del ristorante. Un design moderno, minimal.
Ma in sala ci sono stata pochissimi secondi, tra poco ne svelerò il motivo.
Raccontare esperienze di questo tipo necessita di un buon esercizio mentale al fine di mettere in fila memorie, percezioni e sensazioni. Ci sono alcune cose che in me hanno lasciato il segno più di altre e le racconterò pian piano, a partire dal luogo in cui ci siamo ritrovati a vivere l’esperienza stessa: la cucina.
Lo CHEF TABLE di Bolle restaurant è una cosa pazzesca.
Un grande tavolo da cui osservare tutto ciò che avviene nella bella cucina del ristorante. Stimoli visivi, uditivi e mai olfattivi che regalano all’ospite un piacevole spettacolo, quasi si fosse seduti in una di quelle grandi poltrone di teatro, in attesa che inizi lo spettacolo. Dal grande tavolo è possibile godere di come lo chef Marco Stagi sia perfettamente a suo agio nel gestire magistralmente la sua grande orchestra. Sì, perchè di questo si tratta: ognuno al proprio posto, muovendosi a ritmo perfetto e nessuna nota stonata. Potrei stare ore ad osservare gli altri che lavorano, soprattutto in modo così ordinato, preciso, pulito e puntuale. Ogni piatto allo chef table è stato servito dallo chef in persona, con il breve racconto. Il tutto farcito dal sorriso: elemento che non manca nella brigata guidata da Stagi. Un’esperienza dinamica, a stretto contatto con chi “mette le mani” nella preparazione del piatto (e che ha fatto mettere le mani pure a me, ovviamente solo ed esclusivamente per l’esecuzione del MIO piatto).
Quindi, in cucina, a stretto contatto con la brigata: esperienza da fare.
Gli AMUSE BOUCHE e i PLIN
Nove amuse bouche perfetti. Aprire un pasto così entusiasma fin dal primo boccone. Un percorso nel percorso che accompagna verso le portate vere e proprie. Dal salato al dolce, il caldo e il freddo, il croccante e il cremoso. Contrasti di struttura, di calore, di sapore e aromatici per una giostra che regala subito divertimento e vale in tutto il prezzo del biglietto; così bella da regalare una grande aspettativa, grazie a un’esecuzione perfetta, idem per il ritmo e il coinvolgimento. Forse questo è un po’ rischioso, qualsiasi esperienza a seguire rischia di non esserne per davvero all’altezza, visto la sua pienezza, la sua completezza, l’equilibrio e la sua profondità.
Il percorso di degustazione inizia e il concerto prosegue. Arriva il pane, l’olio extravergine di oliva monocultivar Casaliva del Garda e la focaccia, tutto rigorosamente preparato da Stagi e dal suo staff. E del burro mantecato ne vogliamo parlare? Vabbè, che ve lo dico a fare?
Poi la capasanta arrosto, con topinambur al barbecue, olio d’argan e cassis, il signature, il risotto Pomo d’Oro, servito nel caratteristico pentolino, in cui il pomodoro si sente… eccome se si sente. Il plin, su cui tornerò poi, infine il piccione, saba (uno sciroppo concentrato d’uva), olivello spinoso e indivia belga.
Ma i plin, torniamo ai plin. Un piatto comfort, che ho apprezzato molto. Fin dal primo approccio, ti aspetti la carne. E invece è mare. Mare, mare e ancora mare. Un vero e proprio incontro tra nord e sud. La tradizione piemontese unita alla pasta, patate e cozze.
E’ ravioli del plin alla carota e bottarga, cozze selvatiche e fondo bianco di mare.
La pasta è all’uovo con un poco di semola tirata molto sottile e ripiena di un’emulsione di patate, cozze e bottarga. La forma è il tipico plin, preparato mettendo la farcia su una striscia di pasta poi richiusa su se stessa. Dopo aver fatto aderire per bene la pasta al ripieno, questa viene “pizzicata” tra una pallina e l’altra, poi tagliata con la classica rotella seghettata.
Le cozze sono aperte a vapore, mantenendo così la loro aromaticità, recuperando la loro acqua, che viene poi emulsionata con il burro e un po’ di succo di limone per renderla bella fresca. I ravioli, una volta cotti, vengono glassati con questa acqua di cozze e burro molto densa.
Il piatto viene finito poi con crema di carota, maionese alla bottarga, listarelle di bottarga e, infine, l’olio all’erba cipollina.
Acido e sapido. Marino. Mi è particolarmente piaciuto, senza togliere nulla al resto dell’esperienza.
In generale, nella proposta di Bolle restaurant si ritrova una costante nota sapida, ma sempre ben bilanciata con la freschezza, mai stucchevole. Uno staff molto giovane, in cui è ben percepibile sintonia e grande voglia di fare bene mettendosi in gioco, ma per davvero.
E quindi, dopo la carrellata di amouse bouche, la domanda è… l’esperienza a seguire è stata all’altezza delle aspettative? Sicuramente sì, ma rimane comunque sbalorditiva la bravura dello chef nella preparazione di questi piccoli bocconi tutti da osservare, assaggiare e godere.
Testo: Lara Abrati
Foto: Matteo Zanardi