Oltre i confini della provincia di Parma, sono poche le persone che conoscono questa specialità a cui in questa zona tengono moltissimo.
Il cavallo pesto o, in dialetto, “Cavàl pist” lo si può assaggiare in moltissimi ristoranti, bistrot o bar della città. Si tratta di carne di cavallo di prima scelta macinata a momento al tritacarne e consumata appena condita. Potremmo definirlo lo street food della città di Parma.
L’attaccamento della gente a questo piatto è talmente forte che esiste anche un portale (www.pestodicavallo.it) che nasce dall’associazione di Confesercenti per la tutela del cavallo pesto di Parma, con l’intento di valorizzarlo e promuoverlo, raccontandone le caratteristiche, ma anche raccogliendo macellerie e paninoteche che lo propongono in tutta la città.
Ecco che il “Cavàl pist” di Parma è anche iscritto all’elenco dei “Piatti e Prodotti Tipici dell’Emilia Romagna” ormai dal 2010 con un disciplinare condiviso tra chi è iscritto all’associazione.
Ma come deve essere quello preparato secondo disciplinare?
Innanzitutto la carne deve essere di cavallo di prima qualità, disossata e macellata in Italia; essa viene macinata (non battuta al coltello) con una piastra a foro 6, per un minimo di 3 passaggi e un massimo di 4. La concia è a base di sale per il 90% e il restante 10 % può essere composto da spezie o aromi naturali come il pepe, la cannella, i chiodi di garofano, la noce moscata o altro. Prima del servizio la carne deve essere condita con un filo di olio extra vergine di oliva italiano. Sono indicate anche le quantità per la concia e dosaggi per una porzione per 4 persone: con 800 g di carne devono essere utilizzati al massimo 5 g di concia. Si fa esplicito divieto a conservanti, coloranti o altri prodotti analoghi.
Parma: usi e leggende sulla la carne di cavallo
Ma nella tradizione parmigiana e parmense, il cavallo pesto si mangia il sabato, giorno in cui molte macellerie hanno infatti la fila fuori per acquistare il macinato “di prima”, meno grasso e dal colore bello carico. Lo si condisce con sale, pepe e qualche goccia di limone e viene accompagnato da verdure o dalla giardiniera.
Ma da cosa deriva l’usanza di consumare il cavallo pesto a Parma? Sembra (non esistono testimonianze a riguardo) che la tradizione parmense di consumare la carne di cavallo macinata cruda sia risalente al XIX sec., quando nel territorio governava l’imperatrice Maria Luigia moglie di Napoleone. Durante una carestia, Maria Luigia ordinò di uccidere e mangiare i cavalli per superare il periodo difficile e, tra i francesi, la tartare era il trend del momento.
Nella realtà, la prima macelleria di cavallo a Parma (seconda in Italia perché la prima fu aperta a Torino) ha aperto nel 1881 in via dei Farnese dal signor Orlandelli, dopo che il comune della città normò il consumo di carne equina. La si riconosce ancora dalla testa di cavallo appesa sopra la porta ed era diventata un luogo immportante in città. Dopo un periodo di chiusura lungo circa 20 anni, è stata riaperta (si chiama proprio 1881) con una giovane gestione che si dedica alla vendita al banco di tagli freschi, ma anche di piatti per un consumo veloce dove non mancano tante proposte creative a base di cavallo pesto (e non solo), dai panini fino agli attuali pokè.
Alcune idee per assaporare il cavallo pesto
Le idee per proporre questo prodotto intoccabile per parmigiani e parmensi sono molte, se non infinte, si richiede solo un poco di creatività. Superlativa è la carne abbinata a prodotti in conserva, come la già citata giardiniera, i cetriolini sott’aceto, ma anche il fungo porcino sott’olio e, perché no, il pomodorino essiccato, sempre sott’olio. La parte acidula delle conserve in aceto rinfresca ulteriormente il piatto e l’abbinamento diventa perfetto anche se utilizzato per farcire un panino, magari con qualche scaglietta di Parmigiano Reggiano o altro formaggio a piacere. Mentre se si predilige il sapore dolce, le conserve sott’olio sono quelle che possono fare al caso vostro. Il cavallo pesto è possibile anche consumarlo cotto, soprattutto nel caso si scelga “la vecchia”, essa non è nient’altro che il macinato di seconda scelta.
La carne di cavallo e il problema della tracciabilità
Nonostante la carne di cavallo sia abbastanza diffusa e consumata in molte zone d’Italia, questa tipologia manca ancora purtoppo di un sistema di tracciabilità a differenza delle carni di manzo, pollo e maiale, per cui negli anni è stato fatto un lungo lavoro che ha portato oggi chiunque, leggendo l’etichetta, a poter sapere da dove proviene e quali passaggi ha fatto l’animale prima di finire sulla nostra tavola. Per il cavallo il sistema di tracciabilità non esiste.
Quindi?
Il consiglio è quello di acquistare queste carni in macellerie per cui abbiamo la totale fiducia: purtroppo al momento questa è l’unica forma di tutela per noi consumatori. La fiducia, che bella parola: questa potenzialità così abusata, ma allo stesso tempo sempre così necessaria e di cui, che se ne dica, non potremo mai fare a meno.
Parole e fotografie di Lara Abrati