Il coniglio per i bergamaschi è il classico piatto della domenica. Quel piatto impresso nella memoria collettiva, che significa famiglia, unione, convivialità. In realtà vuole dire molto di più: rappresenta quel passato agricolo e quell’economia rurale ormai scomparsa, con i suoi animali da cortile, con i contratti di mezzadria e il rischio di rimanere con la pancia vuota. Allevare questi piccoli animali dava la certezza del pasto sostanzioso (anche se ipocalorico) alle tante famiglie contadine numerose, almeno nel giorno di festa. Il coniglio e la polenta hanno salvato intere generazioni dal rischio della denutrizione. Forse è anche per questo che i bergamaschi ne sono tanto innamorati.
Le sue carni sono considerate carni bianche e magre, poco caloriche e adatte a tutte le tipoligie di dieta che preveda il consumo di carne. Una materia prima considerata poco nobile, a differenza ad esempio delle carni di piccione, utilizzata prevalentemente nelle trattorie e nelle osterie, ma anche e soprattutto nelle cucine di casa.
Per questo motivo la si trova poco nelle cucine di ricerca e nell’alta ristorazione. Ma al San Martino di Treviglio (Bg), una stella Michelin, hanno deciso di valorizzare le carni di questo animale, in un’interpretazione bella da vedere, golosa e assolutamente facile da mangiare.
Coniglio alla cacciatora, carote, trombette e spugnole: l’interpretazione dello chef
Il ristorante San Martino di Treviglio è uno tra i ristoranti storici della bergamasca. Un locale che vide arrivare la stella Michelin nel 1994, quando la cucina era affidata al grande chef Beppe Colleoni, papà di Paolo, attuale gestore. Oggi la famiglia Colleoni gestisce anche altri locali oltre al ristorante con hotel.
La cucina è attualmente in mano allo chef Stefano Locatelli, classe 1990, che affianca Paolo Colleoni nella gestione del locale, grazie anche a uno staff giovane e di grande precisione e creatività.
“Con questo piatto – racconta Stefano – abbiamo rivisitato una nostra tradizione ovvero quella in cui la domenica a pranzo di solito si mangiava il coniglio; inoltre, è una materia prima che difficilmente viene trattata negli stellati perchè non è considerata una carne nobile”. Il coniglio viene disossato con cura e aromatizzato con sale, pepe e rosmarino. Viene quindi arrotolato e cotto a bassa temperatura; prima del servizio viene scottato in padella con burro, aglio, rosmarino e glassato con un fondo ottenuto dalle ossa del coniglio stesso.
Viene servito con una crema di cipolle che dona il suo aroma intendo e un purè di carote cotte al forno, con la loro tipica dolcezza, a ricordare le verdure con cui solitamente viene cotto nelle preparazioni domestiche. Infine, lo chef ha deciso di aggiungere spugnole e trombette nere; questo perchè “possiedono sapore e consistenza uniche rispetto ad altri funghi, hanno anche una forma curiosa che attira la nostra curiosità. Possiedono anche un sentore “terroso” che ricorda un po’ il bosco quindi la caccia, per finire il nostro coniglio alla cacciatora” racconta ancora lo chef.
Insomma, al San Martino di Treviglio hanno trovato il modo di valorizzare il coniglio come merita, dandogli la celebrità e innanzandolo a materia prima importante per la preparazione di un piatto in una carta “stellata”. Lo potete trovare nel menu degustazione “PASSIONE”.
Il coniglio, secondo Stefano e Paolo.
Parole di Lara Abrati
Foto di Matteo Zanardi