La fermentazione di frutta e verdura ormai è cosa comune. O meglio, il suo consumo è sempre più diffuso, non solo nelle cucine professionali ove la sperimentazione è continua. Il suo recente abuso la mostra come fosse una novità, una nuova tendenza, ma in realtà la fementazione è un processo naturale che avviene a carico degli zuccheri ed è da sempre “utilizzato” per la conservazione di alcuni alimenti. Nelle zone montane, come in Trentino e in Alto Adige, siamo soliti incontrare sulle tavole di ogni tipo i famosi crauti, prodotti attraverso la fermentazione naturale del cavolo cappuccio. La fermentazione è fondamentale ad esempio anche per la maturazione dei salumi insaccati, per la produzione della birra o del vino (si tratta di fementazioni diverse, che portano alla formazione di composti diversi).
La fermentazione a carico delle verdure può essere utilizzata sì per prolungarne la conservazione, ma anche per conferire ad essere proprietà nutritive e gustative diverse dalla materia prima allo stato fresco.
Si fermentano ad esempio carote, peperoni, cipolle, cetrioli, cavolo rosso e così via, ma la nostra attenzione si è soffermata su un prodotto tipicamente mediterraneo, molto diffuso nella cultura gastronomica delle aree che lo producono: il limone. Il frutto del limone è un agrume che presenta una scorza più o meno rugosa e una polpa incolore. Il frutto possiede numerosi effetti benefici per la nostra salute. Il suo succo e la sua polpa contengono acido citrico e la sua scorza oli essenziali, responsabili della sua aromaticità. All’assaggio, il frutto fresco si caratterizza per la sua spiccata acidità, che va a incentivare e favorire la salivazione. La scorza invece è molto aromatica e, soprattutto la parte più interna, regala una piacevole amaricanza.
Nella cultura gastronomica marocchina il limone viene sovente messo in salamoia secca a fermentare; in prima battuta il motivo potrebbe risiedere nella sua migliore conservazione, ma una volta assaggiato il limone fermentato, l’esperienza gustativa affascina e rende increduli.
Il profumo è sorprendente, perchè mantiene le caratteristiche aromatiche del frutto fresco, enfatizzandole. Una volta messo in bocca, arriva subito una lieve freschezza, che stimola la salivazione senza infastidire. Poi il salato deciso, dato dal sale grosso utilizzato durante il processo fermentativo. E ancora, una lieve amaricanza che ben accoglie e coccola l’esplosione aromatica del sentore di limone dato dagli oli essenziali: così, nella sua purezza e senza la mediazione del sapore acido, che nel frutto fresco prevale, ma qui no. In questo caso, dopo il sale, che in pochi secondi sparisce dalle nostre papille gustative, ciò che prevale e persiste è l’aroma.
Nella cucina marocchina lo si utilizza nella preparazione della tajine; lo si può utilizzare anche per insaporire risotti, zuppe, insalate, salse. Ma anche per la preparazione di creme.
Un prodotto versatile, molto buono, che fa bene alla salute.
Lo si può preparare in casa oppure già fatto e pronto all’uso, in vasetto, come abbiamo fatto noi.
Parole e fotografie di Lara Abrati