Raccontare ciò che succede durante la permanenza a La Pedrera Restaurant di Soncino (CR) non è affatto semplice. Sono tanti gli stimoli che arrivano come un tuono quando meno te lo aspetti. E con questo non si fa riferimento alla sola cucina. L’esperienza firmata “La Pedrera” inizia infatti quando, una volta arrivati a Soncino (Cr), si imbocca la stradina che porta al ristorante.
E qui ci si trova subito catapultati in una dimensione parallela. Ecco il perché.
La Pedrera a Soncino: la struttura
La struttura riporta agli anni ’70, anni in cui il papà di Luca Zuterni (attuale cuoco e gestore del ristorante, insieme alla compagna Mara) apre La Pedrera che, nei decenni a seguire, ha subito diverse evoluzioni fino ad arrivare a ciò che è oggi: un ristorante contemporaneo, che propone una cucina creativa.
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Ci si ritrova davanti a una grande fabbricato in cemento armato, con forme geometriche che ne creano i vari ambienti, il tutto inserito in un’oasi naturale con acqua, bosco e campi. Elementi che si ritrovano poi nella proposta gastronomica, una vera fonte di ispirazione creativa e sensoriale. Una volta entrati, nel grande salone si trova un bel bancone da miscelazione, sul quale è possibile scorgere attrezzature ed elementi che raccontano un poco della filosofia di Luca, il food creator, che non chiamerò mai chef perché non lo desidera. Dal distillatore, alla macchina per la cottura ad ultrasuoni e due piccoli sistemi di coltivazione idroponici, dove si coltivano germogli ed erbe fuori suolo, secondo le necessità della cucina. Poi i vasi con i fermentati, la canapa essiccata, molto presente nei piatti e coltivata in loco.
Nel periodo estivo, all’esterno c’è anche il grande orto, coltivato sfruttando la nuova tendenza del non-fare; viene infatti bagnato molto raramente, solo quando ve n’è effettiva necessità. I prodotti dell’orto vengono poi utilizzati in cucina freschi, ma anche trasformati e conservati per la stagione fredda, sfruttando anche altri attori naturali, i microrganismi responsabili delle fermentazioni, senza mai abusarne.
Tornando alla sala, nel corso dell’anno ospita opere d’arte di diversi artisti, ma nel tempo, sta diventando essa stessa un’opera d’arte. Tendenza che già si percepisce utilizzando il bagno del locale, con caratteristiche direi…quasi lynchiane.
Dopo essere stati sottoposti a un mix di stimoli visivi infiniti, ecco che arriva il bello. Ci si siede a tavola e il viaggio ha inizio. Nessuna mise en place per i 22 coperti che Luca e Mara hanno scelto come numero massimo di ospiti per il loro locale. Da segnalare, la carta delle acque, con una selezione che arriva a proporre anche particolari acque provenienti da tutta Europa, come la portoghese Healsi, che scorre a diversi metri di profondità: un’acqua pura e ricca di silice.
Luca Zuterni: professione food creator
Luca Zuterni, classe 1990, ha iniziato a frequentare il ristorante del papà fin da bambino, con una passione per il lavoro di sala. Dopo tante e diverse esperienze in sala approda alla cucina; questa professione ha stimolato Luca ad esprimersi in totale libertà, con ardore e coraggio. Da circa due anni, dopo aver lavorato in tantissime realtà tra le più diverse, è tornato a casa, per ripartire da qui e donare al luogo che l’ha visto crescere un’identità diversa, la sua.
Una cucina contemporanea e creativa, che abbina le moderne tecniche a quelle più arcaiche. I piatti in carta sono un continuo rimbalzo tra esse, dove appare evidente una grande conoscenza tecnica, ma senza inutili virtuosismi. La nota affumicata è un fil rouge che si ritrova in molte portate, ma attenzione, non sempre è data dall’utilizzo del fumo, che comunque è presente in molti piatti.
Un’affumicatura pura, vera e profonda. Evoca il bosco selvaggio, con quell’odore di legna secca capace di nutrire il fuoco in un’umida notte immersi nella foresta: energia vitale.
E poi, i contrasti, che vanno a stimolare sì le papille gustative, ma soprattutto, tatto (masticabilità) e trigemino. Il caldo e il freddo, tenerezza e croccantezza, la piccantezza.
Infine il burro, o meglio, i burri: Luca è un vero appassionato del genere, preparandone di tutte le tipologie. Una presenza che ritorna in molte ricette. Quel tocco di grassezza che coccola il palato, rotondo, morbido. Una confortante carezza, dopo un piccolo schiaffo.
Sempre presenti sulla tavola, insieme ai grissini e al pane home made, il burro aromatizzato con polvere di peperoni arrostiti e quello alla cipolla bruciata.
La pedrera: l’assaggio e i piatti
I piatti sono un susseguirsi di stimoli con un focus particolare alla singola materia prima, che diventa protagonista.
Quindi, una volta allacciate le cinture, si parte con due piccoli assaggi: due antipasti serviti nello stesso istante. Un elegante petto d’anatra cotto con gli ultrasuoni, servito con la zucca in diverse consistenze, una spugna di zucca, la zucca bruciata, poi la cipolla fondente e la trota in carpione a regalare un pizzico di acidità e a dare equilibrio a un piatto di facile approccio, tutto da godere.
Ma poi arriva lei, la pecora gigante bergamasca. Il controfiletto, ben frollato, viene tagliato a cubi e, prima del servizio, viene raffreddato, quasi ghiacciato, poi la carne viene glassata con un burro chiarificato di canapa molto caldo, quasi rovente (prodotto con piante coltivate in loco). Uno shock termico che contribuisce a enfatizzarne e migliorarne la masticabilità. Servito con un crostino aromatizzato all’aglio e tarassaco.
Si passa a uno dei signature: il gambero al mare. Il gambero rosso di Sicilia cotto e servito su una base di alghe, in un sasso rovente. Un rimando materico, una cottura a vapore ancestrale che termina al tavolo iniettando un’emulsione di bisque e acqua di mare depurata.
La Veganzana è invece una melanzana arrosto glassata con la sua acqua fermentata, radice di galanga, nigella, latte di mandorla, insalatina al Tosatzu. Anche qui, la melanzana presenta un tostato spinto, quasi bruciato, che viene ingentilito dalla dolcezza del latte di mandorla. E poi… effetto Frizzy Pazzy, dato in parte dalla pungenza della galanga.
Il cannolo di paella, croccante e che avvolge un ripieno a base di piselli, squaletto, dentice e verdure marinate: “una ricetta nata così, per caso, gustando un piatto di paella” racconta Luca.
E ora arriva lo spaghetto, una preparazione apparentemente facile da gustare. Questa percezione viene però subito smentita una volta messa in bocca la prima forchettata… un piatto che non ci si aspetta: spaghetto Kamado, cotto in fonduta di pomodoro e “croccantato” con legna d’acero direttamente nel BBQ. Uno spaghetto affumicato, dalla consistenza inedita, interessante e non banale.
Il Carnaroli allo spiedo: il risotto, eseguito magistralmente, e servito con polvere di coniglio, il suo fondo, vino rosso e mantecato con burro di spiedo. Questo un piatto di facile approccio, un istante confortevole, che arriva al momento giusto: prima dei ravioli.
Quest’ultimi sono tortelli con doppia chiusura e impiattati al contrario, con ragù di pecora gigante, caramello di peperoncino, verza e peperoni. Un mix di ingredienti che ricordano ancora una volta il sentore di fumo; lo ricordano, appunto, in realtà è un piacevole inganno ai nostri sensi dato dalla presenza della slinzega di pecora. Quando lo si assaggia, si può percepire la spinta data dal caramello piccante che ben convive con le caratteristiche gustative decise di pecora e verza.
Quindi è il momento della Carpa erbacea, un pesce d’acqua dolce conosciuto anche con il nome di amur. Viene marinato con la barbabietola (che regala il colore al pesce), melograno, mais arrostito liquido e alghe fritte. Prima, lo stimolo visivo con un rosa intenso della barbabietola in contrasto con il verde dell’alga, poi un grande gioco di consistenze. Dal croccante dell’alga fino alla doppia consistenza e temperatura del cilindro di pesce, cotto esclusivamente da un lato. Infine, la freschezza del melograno, che prepara ilpalato a gustare la portata successiva.
Per finire, tra i secondi, il galletto sgallettato, un altro piatto confort: petto e coscia, chimichurry, infiorescenza sky (canapa), patate e polenta. La carne bianca viene arricchita dal chimichurry e servita al tavolo con la presenza di fumo: come una grigliata in America del Sud.
Da citare il pre-dessert, servito imboccando l’ospite, a base di frutto della passione, con una perla di ginger beer e il lampone croccante.
Un percorso in movimento quella de La Pedrera, una proposta che può essere apprezzata sia da chi ricerca la complessità, ma anche da chi vuole vivere un’esperienza meno intensa, ma sicuramente non meno interessante.
Andando oltre le apparenze, una mano (e una mente) in grado di entrare in sintonia con l’ospite, prenderlo per mano ed accompagnarlo in un viaggio sensoriale estremamente stimolante. Con garbo, educazione e gentilezza. E’ proprio questo a fare la differenza e a dare un grande valore aggiunto: Luca è in grado di rendere più o meno intensa l’esperienza, con grande considerazione e rispetto dei gusti dell’ospite che accompagnerà e accoglierà nel proprio mondo.
Questo è sinonimo di grande intelligenza comunicativa, di grande sensibilità percettiva e di umiltà. Tutto il contrario rispetto a quella piacevole e percettibile arroganza che sembra enfatizzare.
Ma qui tutto è in contrasto con tutto, non avrebbe potuto essere diversamente.
Testo di Lara Abrati
Foto di Matteo Zanardi