C’era una volta un luogo in cui convivialità, cibo fatto in casa e buon vino facevano parte di un modo di intendere lo stare insieme a tavola che ai giorni nostri si sta perdendo, nel bene e nel male.
Un luogo in cui non vi era ricerca, se non del buono e del semplice, senza sovrastrutture. Un luogo dove l’essenziale diventa virtù e non vi è alcun spazio ulteriore da riempire con inutili o superficiali aggiunte.
Siamo sulle colline tra la val Cavallina e la val Calepio, a Foresto Sparso, in provincia di Bergamo. Un paese così vicino al lago Sebino e ai paesi limitrofi, ma anche così apparentemente lontano, diverso.
Quasi sessant’anni fa qui nasceva la Trattoria Da Nano, una taverna/osteria dove la signora Teresa cucinava per gli avventori e i lavoratori del posto. Serviva pasta, pane e salame e vino e si giocava a scopa. La trattoria poi prese il nome dal soprannome del marito Battista, appunto “il Nano”.


Oggi è guidata dal nipote di Teresa, Andrea, classe 1993 che, dopo aver frequentato la scuola alberghiera e aver fatto alcune esperienze di cucina, ha deciso di portare avanti l’attività di famiglia.
“Il ristorante andava molto bene – racconta Andrea Cadei – e, una volta andata in pensione mia mamma Piera, era il momento giusto per fare la scelta: iniziare il percorso all’interno del ristorante di famiglia con la guida di nonna Teresa”.
Ormai è passato un anno dal giorno in cui Andrea è diventato a tutti gli effetti il titolare della trattoria. Tanti sono i miglioramenti e tante ancora le cose da migliorare, ma c’è tempo e Andrea è solo all’inizio: “Sto iniziando piano piano a portare qualcosa di mio, dai piatti, alla scelta dell’impiattamento, ma ho ancora molto da imparare”.

Il menu è il classico della tradizione locale: si parte con un antipasto a base di salumi prodotti con la trasformazione delle carni dei maiali allevati nella stalla di famiglia, accompagnato da un’insalata capricciosa, fagioli Borlotti e cipolla, infine, l’immancabile giardiniera di nonna Teresa, dal perfetto equilibrio tra i sapori dolce e agro.


Tra i primi, assolutamente da assaggiare sono le pappardelle al salmì di cervo e la pasta alla campagnola, condita con un ragù rivisitato da Teresa, la cui ricetta segreta è a base di carne rossa tritata, panna e lardo.
Passando ai secondi, è possibile assaggiare i grandi must della cucina bergamasca di campagna e non solo: dal coniglio arrosto alla faraona ripiena, lo stracotto di manzo o il baccalà in umido, serviti con un’abbondante porzione di patate e di polenta cotta nel grande paiolo, come vuole la tradizione.


Attenzione: le porzioni di Teresa sono assolutamente generose, attenti a quello che si ordina; nel caso si esageri è possibile portare a casa gli avanzi.
Per finire, un tiramisù fatto in casa e un buon caffè della moka accompagnato dal digestivo di prugne sotto spirito aromatizzate all’arancia.

Questo è uno di quei luoghi a rischio estinzione che, grazie all’entusiasmo e all’intraprendenza di Andrea, continuerà a regalare emozioni semplici ed essenziali: quelle legate alla convivialità attorno ad un tavolo con del buon cibo, vero e onesto.
Semplicità non è banalità.
Foto di Matteo Zanardi