Un passo di montagna è un luogo che permette la comunicazione tra due posti differenti, valli diverse che, come in questo caso, sin dai tempi più antichi si sono caratterizzate per l’avere culture diverse. Si sta parlando di differenze minime, ma che delineano peculiarità micro che determinano e danno vigore a forti identità. Sto parlando del Passo della Presolana, un luogo che mette in comunicazione la valle Seriana con la Val di Scalve, così stretta e angusta, perfino per l’antico popolo dei camuni.
Qui è nato il ristorante di Emanuele Bruneo e Samantha, coppia nella vita e nel lavoro. La storia professionale di Emanuele non è comune e, dopo capirete il perchè, immenso e fondamentale è il sostegno e la presenza della moglie Samantha in sala. Per lui la cucina era una grande passione. Era, appunto, perchè dopo anni di lavoro in altro settore, una famiglia e due figlie, a poco più di 40 anni (oggi ne ha 45) ha deciso di dedicarsi alla cucina professionale aprendo il suo ristorante nel posto che è ormai diventato anche casa sua viste le sue origini meridionali: Masa chalet si trova proprio al passo, tra i comuni di Castione della Presolana e Dorga. Completamente autodidatta, la sua forte motivazione l’ha portato a superare anche l’importante incertezza iniziale, data dalla poca esperienza e dalla pandemia in corso, preparando piatti della tradizione bergamasca (proposti solo per il pranzo), per accontentare il turista che ricerca i sapori locali, ma anche una cucina contemporanea. A pranzo, paste fresche e ripiene preparate nella sua cucina condite a dovere, sughi ben fatti, stagionalità della materia prima e l’immancabile polenta. Per la sera ha deciso di dar sfogo alla creatività e alla sua idea di cucina, che non presenta ancora delle linee stilistiche tracciate (nel bene e nel male), nemmeno insegue mode passeggere. Mese dopo mese, menu dopo menu, stagione dopo stagione, si sta sempre più definendo e delineando la sua rotta, che ha ancora tanta strada avanti, ma inzia ad avere anche una buona dose di ore e giornate macinate in cucina. Una proposta che promette bene, seppur con alcune imprecisioni lecite e legittime, un locale da tenere d’occhio. Piatti che evolvono velocemente insieme alle capacità tecniche dello chef, ma anche per la consapevolezza sempre maggiore nella gestione di cotture, sapori, aromi e consistenze: una rapida evoluzione la sua, che regala già grandi soddisfazioni gastronomiche.
Uno sguardo vivo, infuocato, che trasuda passione quello di Emanuele quando parla di cucina, di assaggi, di colleghi e delle sue nuove idee. Un carico di energia positiva. Attenzione, umiltà (tanta) e un’esagerata voglia di fare bene.
Una cucina che si ispira alla montagna per la scelta delle materie prime, ma anche alla storia e alle origini di Emanuele. Non mancano infatti i sughi cotti a lungo, come nella tradizione napoletana, poi il peperone crusco, tipicamente lucano, anche se i bucatini al ferretto mi ha svelato di non saperli ancora fare per bene, “sono molto meglio quelli di mamma, non riesco a ripeterli, cercherò di rubarle i segreti, ma lei va a occhio su tutto e le riescono un gran bene” confida lo chef.
Ortaggi e erbe provengono dalla locale azienda agricola Orto Campo, in grado di dare continuità di produzione in relazione alla stagionalità. Aspetto non scontato.
Anche le carni sono prevalentemente locali, così come il pesce d’acqua dolce e il riso. Prevalentemente perchè “locale” (il km zero ricordo che non può esistere) va bene, ma non deve diventare un limite o una brutta scusa per giustificare errori e disorganizzazione.
Ma faccio parlare i piatti, quelli che più mi sono piaciuti e che ritengo degni di attenzione.
Inizio dal salmerino. Adoro l’affumicato e lo apprezzo ancora più se ben dosato, soprattutto su un pesce delicato e poco grasso come questo. La grassezza delle carni è determinante nell’assorbimento del fumo, per questo motivo è facile fare errori quando si è alle prese con una materia prima che ne presenta poco: spesso si esagera nell’affumicare per avere la sicurezza che il sentore di affumicato venga ben percepito, andando così a sovrastare qualsiasi aroma o sapore. Qui no. Il fumo viene utilizzato con misura e, unito alla marinatura, regala al salmerino un piacevole aroma. Dopo averlo tagliato e condito, Emanuele lo serve con le sue uova, dal sentore marino lievissimo, ma dalla bella consistenza e sensazione tattile sotto ai denti (scoppiettanti!), poi la crema di piselli dolce e una punta di rafano che spinge fino al puro godimento. Un piatto ben riuscito, equilbrato, buono.
Sempre tra gli antipasti, una menzione merita anche la battuta di agnello, rigorosamente al coltello. Stupisce la tenerezza, anche dei pezzi dalla dimensione maggiore. Interessante il connubio con il brodo di funghi, che nel piatto “si sente” in termini di aroma e sapidità. Infine, la barbabietola marinata a regalare croccantezza e l’olio al porro bruciato.
Merita menzione il risotto (con vialone nano), ben cotto (forse i soliti 2 minutini in più non guastano) e ben mantecato. Preparato espresso, è cotto in brodo vegetale e purea al cavolo nero. Viene impiattato e finito con mandorle finemente tritate, polvere di limone bruciato e gel al limone: la dolcezza del risotto, il vegetale e l’erbaceo del cavolo nero, l’amaricanza lieve delle mandorle, l’acidità del limone. Chiudete gli occhi, riuscite ad immaginarlo?
Anche la pasta ripiena è una vera goduria: ad Emanuele piace golosa, accessibile. Se avete voglia di qualcosa di buono senza tante menate, ecco i bottoni ripieni di borragine (sempre dell’azienda agricola locale), conditi con colatura di datterini, burrata e pinoli tostati. In una parola, rotondi: di forma, sapore e aroma.
Tra i secondi, c’è sempre il taglio del macellaio cotto a bassa temperatura. In questo caso è carne di pecora gigante bergamasca, acquistata da alcuni allevatori bergamaschi. Un animale prima bistrattato, ma ora valorizzato sempre più. Una razza che ben vive nei pascoli di montagna. Servita, come altri secondi piatti, con un contorno a base di insalatina fresca mista in base al volere dell’orto di Mauro (dove Emanuele va ogni giorno a rifornirsi di verdura fresca) e patate alla brace condite con una salsa al lievito.
Insomma, vale la pena il viaggio, magari non negli affollati fine settimana estivi. Un pecorso inusuale e sempre in crescita, una cucina di godimento, ma con quel guizzo in più in grado di incuriosire anche i palati più attenti.
Un percorso di passione, ambizione. L’espressione di una vera storia d’amore tra Emanuele e la cucina, che l’ha spinto a mettersi in gioco, a osare, provare, sperimentare.
Parole di Lara Abrati
Foto di Matteo Zanardi