Ormai, parlare di vino naturale non è più cosa nuova. Ma soprattutto, si è cercato in questi ultimi anni di fare un po’ di chiarezza rispetto all’utilizzo del termine “naturale”. Il vino, anzi, tutto il vino è naturale, in quanto risultato di trasformazioni biochimiche a carico degli zuccheri e di altri componenti delle uve. L’apporto umano è ciò che fa la differenza: nel guidare e controllare queste trasformazioni è possibile utilizzare tecniche più o meno invasive. Così come nella gestione del vigneto. Ci si riferisce proprio a questo quando si parla, in generale, di vino naturale.
Quando si parla di vini naturali, si fa infatti riferimento (dal punto di vista agronomico) ad una viticoltura a basso impatto ambientale, che mira ad attuare tutta una serie di attenzioni al fine di ripristinare e conservare l’equilibrio del sistema ambiente, in grado di limitare da sé la propria vulnerabilità.
Sono molti i produttori anche nella provincia di Bergamo, che stanno ponendo attenzioni particolari al fine di rivoluzionare, nel vero senso della parola, la produzione di vino, togliendo il superfluo e facendo scelte mirate al ridurre gli interventi.
È il caso di un bel progetto, ormai diventato a tutti gli effetti un’azienda: Pietramatta, che nasce grazie alla creatività di Andrea Sala. Un vero e proprio amore per la viticoltura e la produzione di vino che nasce lontano.
“Fin da bambino, con mio fratello, giocavamo a trasformare l’uva prodotta nel nostro piccolo vigneto in mosto. Verso i 20 anni ho impiantato la mia prima vigna e, subito dopo, sono partite le sperimentazioni in un piccolo laboratorio dedicato alla micro-vinificazione”, racconta. Sperimentazioni che hanno visto la necessità di organizzare la produzione per sopperire alla mancanza di grandi quantità di uve da lavorare, per garantire anche le massime condizioni igieniche di produzione.
Andrea ha fatto scelte ben precise. Cura meticolosa del vigneto, al fine di limitare il più possibile gli interventi con rame e zolfo, minima invasività nella produzione del vino.
Andrea si è dedicato per molto tempo allo studio del terreno, della coltivazione della vite e dell’enologia.
Nel suo vigneto sta sperimentando anche il sistema di allevamento a ventaglio, che a differenza dei sistemi di allevamento normalmente utilizzati come il cordone speronato o il guyot, non prevede la presenza di tralci piegati, ma una crescita ramificata in verticale. Questo permetterebbe alla pianta di fruttificare e accrescere in maniera equilibrata. L’impianto è stato fatto in maniera tale da garantire alle piante un buon arieggiamento.
Proprio quest’anno, ha anche impiantato vitigni cosiddetti resistenti, frutto di particolari incroci che rendono le piante non vulnerabili alla maggior parte delle patologie della vite. In particolare, nel suo quasi ettaro di vigneto ha impiantato circa 3000 metri di barbatelle PIWI.
“Il vino va progettato attraverso scelte meticolose sin dalle fasi iniziali, riguardo ad esempio alla scelta del terreno e il conseguente impianto del vigneto. Io so dall’inizio quale vino vorrò poi produrre – racconta ancora Andrea Sala. Il problema del produrre vino è che i tempi di attesa sono davvero lunghi e la fase sperimentale costa davvero molto tempo”.
Il suo, lo definisce un vino integrale: non viene filtrato, non viene chiarificato e viene prodotto con la massima cura per il grappolo, dal vigneto in cantina.
Massima attenzione alla presenza di fitopatologie, al non ossidare il mosto e al preservarlo al meglio, al fine di limitare qualsiasi intervento.
Il vino bianco (100% Sauvignon blanc) prodotto sarà disponibile dalla primavera 2020 (vendemmia 2019), mentre per il rosso e il rosato bisognerà aspettare ancora qualche anno. D’altronde, per le cose belle bisogna avere pazienza.
Parole di Lara Abrati
Foto di Matteo Zanardi