Parlare di quinto quarto e saperlo valorizzare in cucina vuol dire contribuire a rendere il consumo di carne un poco più sostenibile. Un poco, perchè è ormai evidente che le nostre scelte quotidiane sono ciò che influenzeranno la sopravviveza e la qualità della vita umana sul nostro pianeta negli anni a venire, e il massiccio consumo di carne, l’allevamento intensivo degli animali e il consumo solo di parte di essi, sono uno tra i fattori su cui riflettere. Nel nostro piccolo possiamo fare la differenza, proprio come la goccia che scava la roccia.
Nonostante vi sia una maggiore attenzione e un sempre migliore approccio alle nostre scelte alimentari, per quel che riguarda il consumo di carne vi è una parte di popolazione che ne ha ridotto o annullato il consumo, una parte che ne consuma poca, sceglindola con attenzione, una parte che non se ne interessa più di tanto. Questo è un processo in continuo divenire e, se in questi anni vi è stato un allontanamento dal consumo del quinto quarto, nelle cucine professionali e tra gli appassionati si sta cercando di ri-attualizzarlo e renderlo gradevole anche al consumatore di oggi.
L’evidenza racconta che l’animale non è composto di sole lombate e filetti. E se l’hamburger è una preparazione accettata dalle masse che consente l’utilizzo delle parti meno nobili (eh sì, è un dato di fatto che gli hamburger contribuiscono a rendere sostenibile l’industria della carne), il quinto quarto trattato come si deve stra prendendo sempre più piede. Marinato, crudo, cotto…. c’è chi sceglie di proporlo alla brace, con risultati strepitosi.
Come nel caso di Andrea Pedrini, della Pedrini steak house di Cene, in provincia di Bergamo. Al fianco di lombate frollate, selezionate prevalentemente da aziende italiane (ma anche con una piccola selezione da tutto il mondo) e belle marezzate, ha deciso di proporre nel suo menu degustazione anche parti che normalmente verrebbero scartate: come il midollo in osso alla brace, le animelle e il diaframma. Tagli e parti sempre più apprezzati, che stanno facendo impazzire tutti, non solo gli appassionati del settore.
Il midollo in osso è ormai un must in molte cucine anche d’autore e da Andrea lo si può assaggiare cotto alla brace, condito con un trito a base di aglio, olio e rosmarino. Succulenza e grassezza, unite a un’aromaticità che esplode. La dolcezza fa da padrone: da mangiare rigorosamente con il cucchiaino.
Le animelle di vitello vengono prima messe a spurgare, poi cotte a bassa temperatura, avendo cura di eliminare la pellicina che le ricopre. Prima di finire sulla brace, vengono ingrassate con abbondante burro nocciola; questa operazione procede anche durante la cottura, fino a quando la croccantezza esterna impera e la morbidezza interna farà da padrone. Servite scaloppate, solo con un pizzico di sale.
Infine, il diaframma, il muscolo che permette la respirazione dell’animale. Un muscolo che lavora molto, ben allenato. La presenza di marezzatura abbassa il rischio di servire una carne tenera, ma sanguinolenta, permettendone una migliore cottura. Altrimenti la necessità di prolungarne la cottura renderebbe il taglio resistente alla masticazione. La bistecca che non ti aspetti: da provare, soprattutto per gli amanti della carne rossa.
Quando si parla di carne, non è più possibile non pensare alla sua sostenibilità. Mangiamone meno, scegliamola bene, scegliamola tutta. Non sprechiamone nemmeno un po’.
Parole di Lara Abrati
Foto di Matteo Zanardi