San’Antonio Abate è il protettore degli animali e anche la tradizione gastronomica italiana lo celebra con molti piatti dedicati alla ricorrenza: un tour per l’Italia alla scoperta delle ricette preparate per questo giorno di festa.
La nostra storia rurale ha permesso, nei decenni, di sviluppare particolare attenzione alla venerazione di Sant’Antonio Abate, la cui ricorrenza si celebra oggi, il 17 gennaio. Protettore di allevatori, macellai, contadini, animali domestici, guantai e cestai, Sant’Antonio Abate è anche conosciuto anche come Sant’Antonio del Fuoco.
Nella notte di Sant’Antonio, sembra che gli animali acquistino la facoltà di parlare e, in passato, godevano di un giorno di riposo dal lavoro nei campi. E’ frequente trovare l’immagine del Santo appesa alle porte delle stalle e delle cascine.
Ovvio che anche la tradizione gastronomica ha dedicato piatti particolari, diversi per ogni parte d’Italia. Un’usanza comune è quella di benedire i panini, spesso dolci, dedicati al Santo. Ovvio che non ne esiste una particolare ricetta, ma come per tutte le tradizioni, ognuno detiene la propria.
Passando invece agli usi territoriali, è ormai nell’elenco dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Lazio il Biscotto, una treccia dolce di pane profumato all’anice. In Lombardia sono invece diverse le preparazioni dedicate. Il bresciano Chisöl, una ciambella dolce, ma anche i tortelli di Sant’Antonio, molto simili a delle castagnole: sono dolci fritti. Nelle regioni a vocazione più “agricola”, come l’Abruzzo, l’Umbria o la Sardegna, la tradizione è molto sentita. In alcuni comuni abruzzesi si svolge ancora la Panarda, un sontuoso banchetto offerto in passato dal ricco della zona, a rifocillare i più poveri. Durante il banchetto in genere venivano serviti maccheroni con ragù di pecora, detti appunto di “Sant’Antonio”, ma anche carne di pecora, dolci fritti e molto altro ancora. Anche in terra sarda la tradizione è molto sentita e si celebra in particolare con la preparazione e il consumo di tre diversi dolci: cotzuleddas, i pirichittus e il pistiddu. In Umbria, soprattutto nella zona di Assisi, invece la tradizione celebra il “Piatto di Sant’Antonio”. Frittelle e dolci sono un elemento sicuramente molto ricorrente nelle tradizioni, come in quella delle regioni ad ovest dell’Italia centrale: la Toscana e il Lazio. Qui sono molto in voga le frittelle di cavolfiore, una variante dolce o salata rispetto a quelle dell’uso lombardo perché capita vengano condite con lo zucchero e la cannella. Il cavolfiore viene prima sbollentato, le cimette vengono passate in una pastella e sono successivamente fritte. Anche in Puglia il dolce fritto va per la maggiore: si preparano infatti i porceddhruzzi, delle frittelle il cui nome deriva dalla forma, che ricorda quella del maiale. Una volta pronti vengono irrorati con abbondante miele, per un risultato decisamente goloso. Infine, anche la Campania, famosa per le sue porzioni esagerate e per l’abbondanza gastronomica, non poteva esimersi dalla celebrazione. Qui si celebra il santo con alcuni piatti salati. Nel Comune di Macerata Campania (in provincia di Caserta), Sant’Antonio si festeggia con la past’e‘llessa, ovvero la pasta in bianco con le castagne lesse e abbondante peperoncino, ma in altre zone con i maltagliati con ragù di salsiccia, le alici ‘mbuttunate o la zuppa di fave fresche.
Il “Piatto di Sant’Antonio Abate” di Santa Maria degli Angeli
Questo luogo in passato era una stazione per il cambio dei cavalli dei postiglioni postali in transito tra Firenze e Roma. Intorno al 1860 scoppiò una grave epidemia, che colpì in particolar modo i cavalli e ci fu una spaventosa morìa. Era a repentaglio l’intera economia della zona e i cittadini si rivolsero con fiducia a Sant’Antonio Abate. Le preghiere ottennero i frutti sperati, il morbo fu scongiurato e i cavalli si salvarono. Da quell’anno, come ringraziamento, fu celebrata con ancora maggior solennità la sua festa. Nacque anche il “Piatto di Sant’Antonio”, che ormai fa parte della tradizione locale e viene consumato per la ricorrenza. Il piatto si compone di una porzione di maccheroni al ragù, due fette di carne in umido, le salsicce, le polpette in umido, il pane, mezzo litro di vino e due mele. Il piatto si può gustare in zona la domenica successiva al 17 gennaio nei ristoranti e agriturismi, ad un prezzo simbolico, come tradizione vuole.
Il bresciano Chisöl, ecco come prepararlo in casa
Questo è un dolce molto semplice da preparare a forma di ciambella; una preparazione tipica di Lonato Del Garda e si caratterizza per avere le caratteristiche di friabilità della torta sbrisolona, ma un poco lievitata come le classiche torte da forno. Ovvio che ne esistono diverse versioni, come tutte le preparazioni dalla lunga storia, tramandate di generazione in generazione. Tantissime sono le varianti che negli anni sono state introdotte, anche per l’evoluzione degli strumenti di cucina. Originariamente era infatti cotta in una pentola sulle braci. Partiamo quindi dagli ingredienti: anch’essi hanno subito notevoli cambiamenti nel tempo, come l’utilizzo del burro al posto del grasso di origine suina. Utilizziamo 500 g di farina di grano tenero di tipo 1, 200 g di burro, 200 g di zucchero, 3 uova di medie dimensioni, la scorza grattuggiata di un limone, lievito per dolci e mezzo bicchiere di latte. Il procedimento è molto semplice e inizia sbattendo, con l’aiuto di una frusta, lo zucchero con le uova e la scorza grattugiata del limone. Quando la pastella è omogenea e ben amalgamata, è giunto il momento di aggiungere il burro, precedentemente sciolto a bagnomaria o con l’utilizzo del forno a microonde. E’ possibile anche diminuire la quantità di burro utilizzato, sostituendolo con dell’olio in pari quantità; c’è anche chi invece del burro utilizza lo strutto, a voi la scelta. Amalgamiamo quindi bene il grasso e ora è giunto il momento di aggiungere la farina, avendo cura di setacciarla con il lievito. E’ un’operazione molto semplice che si può svolgere utilizzando un semplice colino da cucina. Uniamo la farina al composto a base di zucchero, uova e grasso, avendo cura di aggiungerla poco per volta e miscelandola con una frusta per evitare si creino i fastidiosi grumi. Una volta che l’impasto risulta ben amalgamato, versiamolo in una tortiera (a forma di ciambella) precedentemente imburrata, con l’aggiunta di poco pane grattugiato, per evitare si attacchi. Cuociamo quindi in forno a 180°C per 30 minuti circa. Un dolce davvero semplice, dagli ingredienti poveri da preparare e gustare il prossimo 17 gennaio perché, come si dice in dialetto: “Per sant’Antóne chisöler, chi no fa la turta ghè burla zó ‘l solér”.
In copertina, la foto del piatto di Sant’Antonio preparato dalla chef Elena Tortoioli dell’agriturismo Il Podere di Assisi.