Il tema del “non spreco” è assai attuale. Come ogni argomento in voga del momento, spesso è più il concetto stesso a piacere e non tanto la sua reale attuazione nella vita di tutti i giorni. Molto frequente, nelle cucine professionali, è l’imbattersi in piatti che hanno come focus principale il tema del no waste, ma mancano di sostanza, quasi a stimolare non tanto l’utilizzo in modo virtuoso di ogni parte della materia prima che arriva in cucina in un ottica di consumo circolare e che non dimentichi il gusto, ma il promuovere una cucina della sottrazione. Una detrazione che avviene però quasi esclusivamente all’atto gustativo del commensale, non di certo al suo portafoglio, pagando sempre più spesso un’azione, un’idea, ma ricevendo di fatto piatti dal food cost pressochè inesistente. Piatti senza sostanza.
Ma se di fatto il non spreco non fosse opportunità di praticare una comunicazione spesso fuorviante e diventasse la pratica vera?
Forse è questa la vera rivoluzione dei nostri tempi: fare propri dei concetti e attuarli per davvero, in profondità.
Quello che ha fatto il cuoco Claudio Rubis de La Staletta di Zogno (Bg) è proprio questo. In un locale dove il coniglio arrosto fa parte della proposta da sempre, rimangono parti preziose spesso inutilizzate. Questo è un problema sicuramente recente, perchè nei decenni passati le frattaglie del coniglio, quali cuore, fegato e reni, venivano cotte insieme al coniglio e servite nel piatto. Oggi i gusti sono cambiati e le necessità nutrizionali si sono modificate. Come utilizzare quindi il coniglio in ogni sua parte senza sprecarne nemmeno un poco? Inventando qualcosa.

E così Claudio ha dato vita a un risotto goloso e di sostanza. Viene utilizzato il riso Carnaroli coltivato e lavorato da una riseria di Vercelli, una delle poche che coltiva riso e lo lavora con metodo artigianale (riso Margherita). Il riso viene poi mantecato con abbondante burro e formaggio grattugiato al fine di renderlo cremoso. Una volta impiattato, il riso viene cosparso da polvere di limone a dare freschezza infinita, poi della polvere di lampone a dare dolcezza e, infine, la Regina: la bottarga di coniglio home made, ovvero preparata nella cucina del ristorante.



Ma di cosa si tratta?
Non è nient’altro che fegato di coniglio lasciato a marinare con sale e zucchero, al fine di perdere la gran parte della sua umidità. Una volta marinato, viene essiccato ulteriormente e poi grattugiato. Viene quindi ricompattato assumendo le sembianze di una bottarga. Infine, il fegato ormai essiccato è rigrattugiato per essere messo in granuli e polvere sopra al risotto, dandogli la sterzata sapida e lievemente animale che si va ben ad amalgamare all’acidità del limone e alla dolcezza del lampone, unita a quella del riso e del formaggio.







Sostanza, gusto, sostenibilità e divertimento sensoriale. Eppure, erano solo scarti.
Foto di Lara Abrati
Articolo in partnership con La Staletta