Quando si parla di ragù, come del resto capita per tutti i piatti della tradizione, è facile si aprano discussioni infinite. Ma il punto di vista storico è sempre fonte di curiosità e interesse, non mancando mai di ricordarci quanto i nostri usi gastronomici siano frutto di un lungo e lento processo di acculturazione: sempre in cambiamento, sempre in movimento.
E ciò si è potuto percepire anche in occasione della cena organizzata alla Trattoria Pomposa al Re gras di Modena.
Quando si pensa al ragù, il primo piatto che viene in mente sono le tagliatelle tipiche della tradizione bolognese o di quello napoletano, con la pentola lasciata a “pippiare” sul fuoco per ore fino a quando le carni si lasciano letteralmente andare e diventano un tutt’uno con la salsa. Questi sono solo gli ultimi esiti dell’evoluzione secolare di questo piatto perché il ragù, o meglio il “ragoût”, nasce in Francia e ha poco a che fare con il condimento della pasta che conosciamo oggi. La sua comparsa nel ‘600 coincide con i primi passi della cucina francese che si stava avviando a sostituire l’Italia come punto di riferimento dell’arte gastronomica dell’intera Europa.
Esistono centinaia di ricette dedicate a questa preparazione, alcune delle quali da secoli dimenticate. Ed è proprio da queste ricette che lo storico della gastronomia Luca Cesari e lo chef Luca Marchini hanno deciso di partire per proporre un percorso in sei portate raccontando così l’evoluzione del ragù dalla sua nascita fino a oggi.
ECCOLI!
Piatti come le “Pollastre in ragoût”, risalente alla metà del XVII secolo con il grande cuoco francese François Pierre de la Varenne, uno dei primi a descrivere questa specialità.
E ancora il “Ragù di uova” di Vincenzo Corrado, il più famoso cuoco napoletano del Settecento, che riporta diverse ricette di ragù nel suo Il cuoco galante. Con il “Ragù di fegatini” di Francesco Leonardi, invece, si è entrati nel cuore della cucina italiana che stava trasformando il ragù da portata secondaria di accompagnamento a condimento essenziale per la pasta.
Cambiamento definitivamente espresso nei “Maccheroni alla napoletana”, conditi con il sugo dello stufato di manzo. Questa ricetta, che dobbiamo al geniale cuoco napoletano Ippolito Cavalcanti, prevede che il piatto di carne fornisca anche il sugo per condire i maccheroni: una doppia funzione ancora oggi alla base del classico ragù napoletano.
Negli ultimi anni dell’Ottocento compare, infine, “La Scienza in Cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi e, con lui, la prima descrizione dei “Maccheroni alla bolognese”, dove si trova un’inedita versione di ragù senza pomodoro e tirato con il brodo: l’antenato di tutti i ragù emiliani.
A concludere questo viaggio, le tradizionali Tagliatelle al ragù, che incarnano l’esito attuale di uno dei piatti più amati e conosciuti in tutto il mondo.
“Tutto il percorso è stato collegato al concetto di emozione, alla scoperta dell’evoluzione che ha interessato la preparazione del ragù nel corso dei secoli. Ne è derivata, in un primo momento, la possibilità di studiare ricette passate, preparazioni e tecniche differenti rispetto a quelle che conosciamo oggi. Analisi poi pienamente completata attraverso l’approccio culinario che ha accompagnato l’esperienza dell’assaggio. – sottolinea lo Chef Luca Marchini – Abbiamo mangiato la pasta con le mani e ciò ci ha permesso di comprendere quanto quelle che sono attualmente abitudini consolidate, ovvero l’uso delle posate, una volta erano l’opposto. Osservare questo cambiamento e poterlo raccontare è certamente affascinante, per me una piacevole sfida nonché una scoperta”.
“Generalmente si tende a pensare che la cucina antica sia molto lontana dai nostri gusti, magari interessante dal punto di vista storico, ma difficile da riproporre in tavola oggi. – spiega lo storico della gastronomia Luca Cesari – I grandi piatti del passato presentano molte differenze rispetto a quelli attuali, ma rimangono veri e propri capolavori gastronomici che vale la pena di riscoprire. Si tratta di un enorme patrimonio che giace nei ricettari e non viene quasi mai eseguito: come se avessimo gli spartiti di Vivaldi e Mozart e ci accontentassimo di ascoltare solo la musica pop. Questa “verticale” di ragù è un modo per riproporre i piatti antichi nella loro veste originale, attraverso una lettura filologica delle ricette antiche. Grazie all’esperienza e alle capacità dello chef Luca Marchini è chiaro che questi piatti non hanno bisogno di nuove interpretazioni, ma solo di una grande esecuzione per essere apprezzati”.
Foto di Stefano Caffarri