Uno dei grandi problemi delle produzioni agricole, è l’impatto sull’ambiente che esse hanno. L’agricoltura si sta pian piano trasformando, rendendo le coltivazioni sempre più sostenibili e una delle opportunità è rappresentata dai vitigni PIWI: una grande innovazione viene dal mondo del vino e della viticoltura, che va oltre il biologico e il biodinamico.
La sostenibilità ambientale di azioni, coltivazioni e produzioni è un argomento che in questo periodo è giustamente all’ordine del giorno. Sono molte le attenzioni e i cambi di tendenza rispetto a consuetudini considerate assolutamente normali fino a poco tempo fa.
L’agricoltura è uno dei settori molto coinvolti ed è ormai una certezza che il livello di qualità di una materia prima o di un prodotto enogastronomico è misurabile anche dalla sostenibilità della sua produzione e lavorazione.
La Lombardia e la provincia di Bergamo sono territori molto popolati, dove l’agricoltura è in un certo senso cittadina.
Anche per questo motivo è sempre più necessario convivere con essa limitando il rischio di subire danni causati dall’impiego di fitofarmaci e non solo.
Ma come rendere ancora più sostenibile la coltivazione della vite, nonostante gli sforzi già in atto per le coltivazioni tradizionali, molte già convertite in produzioni biologiche?
La risposta potrebbe arrivare dalla coltivazione di vitigni completamente nuovi, mai utilizzati e per cui non servono interventi fitosanitari nella loro coltivazione.
Sono i vitigni PIWI (dal tedesco pilzwiderstandfähig che significa viti resistenti ai funghi). Questi vitigni sono un qualcosa che va oltre il concetto di biologico, ma anche di biodinamico, infatti per le loro caratteristiche vengono anche soprannominati super-bio e consentono di produrre vini di altissima qualità senza inquinare l’ambiente. La ricerca su queste varietà è iniziata decenni, se non secoli fa, attraverso continui re-incroci tra diverse varietà e solo in questi anni abbiamo i primi risultati.
L’iter per l’approvazione della coltivazione di nuove varietà di vite è molto lunga, ma nel 2013 in alcune regioni d’Italia è stata autorizzata la coltivazione dei vitigni PIWI.
Alcuni produttori, anche bergamschi, hanno quindi iniziato con entusiasmo ad avvicinarsi a questa nuova opportunità: produrre vini ad impatto zero sull’ambiente, costi minori di coltivazione e vini nuovi e unici, con caratteristiche gustative tutte da scoprire.
Quando sentirete parlare quindi di Bronner, Helios, Johanniter, Solaris, Muscaris, Souvignier gris, Fleurtai, Soreli, Sauvignon kretos, Sauvignon nepis, Sauvignon rytos, oppure di Regent, Cabernet carbon, Cabernet cortis, Cabernet eidos, Ca bernet volos, Prior, Julius, Merlot kantus, Merlot khorus non vi dovete spaventare. Sono i nomi di queste varietà a bacca rossa o bacca bianca. Esiste un’associazione internazionale (PIWI International) che conta oggi 560 membri distribuiti in 17 nazioni, di cui ben 74 in Italia. Attualmente in Lombardia ci sono 19 soci, di cui 3 non sono aziende, ma appassionati che si dedicato alla loro coltivazione. In Lombardia le varietà coltivabili e iscritte all’apposito registro sono al momento 7 e i produttori sono organizzati nell’associazione PIWI Lombardia, a cui ci si può rivolgere qualora un’azienda o un privato sia interessato alle barbatelle e alla coltivazione di queste innovative varietà.
Vini con vitigni PIWI, chi li produce il Lombardia e dove trovare i vini
Nella nostra regione il movimento è davvero attivo; sono ormai ben 7 le aziende che hanno già iniziato a vinificare, mentre sono altrettante le aziende (sempre in crescita) che hanno scelto di impiantare questo vitigno, ma non è ancora entrato in produzione, iscritte però all’associazione lombarda. Per quanto riguarda la bergamasca, sulle colline di Cenate, sono ben due le aziende che coltivano vitigni resistenti, mentre la terza ha sede a Nembro e la quarta a Bergamo. Il pioniere è Alessandro Sala, che nella sua azienda Nove Lune di Cenate Sopra (nell’Oasi naturale Valpredina) produce ben 4 vini esclusivamente da vitigni resistenti. Un bianco, 310, prodotto con Solaris, Bronner e Johanniter; Rukh, un orange wine sempre biologico prodotto da uve Bronner e Johanniter. Il vino passito Theia, prodotto con uve Helios, Solaris e Bronner e, infine, un vino ancestrale (HeH) prodotto vinificando al 100% uve Solaris. Dopo la messa in bottiglia di questo vino, la fermentazione continua senza aggiunta di zuccheri e di solfiti, regalando così al vino una naturale torbidità. Le altre tre aziende che hanno impiantato i vitigni PIWI autorizzati, ma al momento non sono ancora in produzione, sono: Pietramatta di Cenate sotto, Frontemura di Bergamo e l’azienda agricola Giuseppe Orsini di Nembro. Estendendo l’attenzione alla Lombardia, c’è l’azienda agricola Achille Della Fiore di Montù Beccaria nel pavese, con l’ottimo vino frizzante prodotto dal vitigno Johanniter. In Valle Camonica, ci sono la Cantina Flonno di Badetto di Ceto (Bs), ma anche la Cooperativa sociale agricola Alpi dell’Adamello, nata puntando esclusivamente su questi vitigni. Attualmente la cooperativa insieme ai soci, coltiva le varietà Solaris, Johanitter e Souvigner gris e dal 2019 produce Idòl (solo 1305 bottiglie disponibili), al 100% Solaris. Sempre in valle Camonica, a Losine, l’azienda Rocca dei Vignali. E ancora, in Val Chiavenna, proprio a Chiavenna (in provincia di Sondrio) c’è l’agriturismo Hermau, che produce Magy, un vino spumante con diverse varietà PIWI. Infine, a Bianzone, sempre in provincia di Sondrio, Marcel Zanolari produce Vagabondo Bianco Le Anfore, a base di Riesling e diverse varietà PIWI, poi Vagabondo Rosso e Vagabondo Bianco. Insomma, non una moda, ma un’opportunità per il mondo del vino internazionale.