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L’India, le sue spezie: masala e il cuoco Niraj

  • 30 Luglio 2025
  • Giulia Ubaldi
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Quando ho aperto il LAC, il Laboratorio di Antropologia del Cibo di Milano, tra le trenta cucine dal mondo proposte non c’era quella indiana. “Ma perché ci sono tutti questi cuochi da ovunque, ma non dall’India?” mi dicevano. Cercavo di spiegare che il LAC non è un posto nato guardando il mappamondo e mettendo le bandierine sui vari paesi, ma è il frutto degli incontri e scambi che ho avuto con alcune persone in anni di ricerca antropologica. Anni in cui non avevo mai incontrato un cuoco indiano, fino al momento in cui ho conosciuto Niraj.

L’incontro con Niraj, cuoco indiano di Ahmedabad

È stata Luisa, una cliente del LAC, a parlarmi di questo giovane cuoco indiano che secondo lei sarebbe stato perfetto per insegnare da noi. Così ci siamo conosciuti e nel giro di poco tempo Niraj è diventato parte fondamentale del Laboratorio, condividendone appieno valori, spirito e filosofia. Nato nel 1990 nella regione Gujarat, ad Ahmedabad, di cui proprio di recente si è tanto parlato per il tragico incidente di Air India, Niraj è cresciuto mangiando sempre la stessa cosa per cinque giorni, da lunedì a venerdì, aspettando il weekend per mangiare qualcosa di diverso. “La routine della mia famiglia prevedeva: zuppa di lenticchie, una verdura saltata con le spezie, riso basmati e pane chapati”. Fin da piccolo si appassiona di cucina: “forse per spezzare il ritmo della settimana!”, scherza Niraj. “Ma mia mamma non mi faceva cucinare, perché in India cucinano le donne; così mi sono limitato per anni a preparare al massimo solo il tè, cercando di rubarle il mestiere con gli occhi, osservando”. Sempre più deciso a voler aprire il suo ristorante in India, nel 2011 va a studiare a Parigi, dove lavora in vari ristoranti, catene, locali. “Lì, si è confermata la mia voglia di cucinare”. Così decide di aprire un blog, “Cuisine of mine”, dove pubblica i piatti vegetariani e vegani che cucina, anche un po’ fusion. Sempre a Parigi incontra Stefania, sua moglie, originaria di Novara, dove dal 2017 vivono insieme insieme al loro piccolo Eros.

Oggi Niraj, oltre che al LAC di Milano, insegna da Eataly a Torino, al Cooking Lab di Bergamo, NaturaSì e altri posti in Veneto, fino al Pulk di Trento. “Faccio Cooking Class e cucino su richiesta, ovviamente sempre per passione”. Ma quello che Niraj ha veramente portato nelle sue classi, oltre al suo entusiasmo, è una conoscenza sulle spezie e sul loro utilizzo nella cucina indiana, spesso da molti ritenuta troppo speziata, mentre nei suoi piatti in realtà è sempre presente in modo non invadente ed estremamente elegante e delicato.

Con lui faremo ora quindi un viaggio gastronomico parlando di alcune preparazioni a base di spezie, tipiche della cucina indiana.

Masala: chai, puri, dosa (e box) e la colazione tipica indiana

In India non c’è parola più utilizzata in cucina di “masala”, che in hindi significa proprio spezia, o mix di spezie. La ritroviamo all’interno di tre preparazioni, che sono proprio quelle di cui vi parleremo oggi, consumate soprattutto durante il momento della colazione (ma non solo).

Il MASALA CHAI che è il tè nero (chai appunto); si prepara con varie spezie, come lo zenzero fresco (meglio) o secco, e con il latte. In realtà in passato, fino a cento anni fa, si faceva solo ed esclusivamente con latte e spezie, senza tè, perché questo non veniva prodotto in India ma soprattutto in Cina. “In seguito, gli inglesi l’hanno importato e piantato anche qui e così si è diffuso il suo consumo, come ad esempio in questa bevanda”, ci spiega Niraj. Per prepararlo si può usare sia il latte di mucca che quello di soia, mandorla o avena (no di riso o cocco). Il Masala Chai, si può bere sempre, ma in abbinamento a Masala Puri costituisce la tipica colazione dell’ovest dell’India, del Gujarat, la sua regione. Un po’ come il nostro “brioche e cappuccino”.

I MASALA PURI sono invece degli impasti di farina 1 o 2 mischiati con alcune spezie che di solito vengono lievitati e poi fritti (visivamente ricordano un po’ lo gnocco fritto). Niraj li propone in una versione diversa, ovvero cotti al forno, per renderli più leggeri; i suoi Masala Puri ricordano quindi più dei cracker. In ogni caso caso, ci spiega Niraj, in tutta l’India si fanno in modo diverso: “al nord o al centro verso la capitale, ad esempio, si fanno con la semola di grano e poi si condiscono con datteri, tamarindo, menta, coriandolo, yogurt, verdure; mentre invece solo da noi si mangiano così da soli semplici per colazione, insieme ovviamente al Masala Chai”.

Infine i MASALA DOSA, che forse sono le masala più conosciute della cucina indiana, ma in questo caso Niraj ci tiene molto a sottolineare che eccezionalmente in questo piatto la parola “Masala” non significa spezie ma “ripieno”, pur sempre speziato, mentre Dosa vuol dire “crêpes”. Si tratta infatti di crêpes fatte con un impasto di lenticchie bianche e riso (uno facilmente frullabile) fermentato tra le 12 e le 24 ore, mentre invece in India fermenta anche solo 6 o massimo 8 ore perché fa più caldo. Il ripieno classico è quello con patate, cipolla, coriandolo fresco e varie spezie, poi una salsa di pomodoro e una di cocco. Si possono trovare anche con verdure e formaggio, di solito il panir fatto con latte di mucca. Masala Dosa sono particolarmente diffuse soprattutto nel Sud dell’India, dove Niraj ci dice che le mangiano tutto il giorno, dalla mattina alla sera, mentre invece a ovest, nella sua regione, solo a pranzo o a cena, spesso in abbinamento alla zuppa Sambar. Se volete provarla, vi aspettiamo al LAC, dove comparirà magicamente dopo la meditazione iniziale!

La Masala box: la scatola delle spezie indiana

È una vera e propria scatola di spezie, che non manca mai nelle case in India. Ognuno sceglie di mettere quelle che preferisce, di solito dalle cinque alle nove spezie, quindi con un mix variabile che cambia da famiglia a famiglia. “Nella cucina di mia mamma, non mancavano mai la curcuma, il peperoncino e il cumino, che sono alla base di quasi tutti i piatti indiani. Ma esistono molte altre spezie in India, per cui vi do qualche idea per comporre la vostra box” racconta Niraj.

  • La curcuma, pianta tropicale asiatica, denominata Madre delle Spezie in quanto vanta innumerevoli benefici per la salute e una grande versatilità: se sul fronte curativo presenta effetti antidolorifici, antibatterici e antinfiammatori, in ambito dermatologico la sua applicazione in pomata sulla cute accelera la cicatrizzazione dei tessuti e combatte le ustioni, oltre che conferire un incarnato luminoso e simbolicamente purificare i corpi durante i riti matrimoniali induisti. In cucina esalta e colora tutte le pietanze salate, dalle spadellate di verdure ai curry ai samosa, e sorprendentemente non brucia anche se la si soffrigge a lungo, ma anzi il suo sapore ne risulta intensificato. Tra le bevande a base di curcuma, oltre al noto Golden Milk, c’è una tisana invece poco nota al di là dei confini indiani, l’ukado, in cui la polvere di curcuma viene sbollentata con semi di salvia, sale ed eventualmente guarnita con burro chiarificato. Questo concotto è spesso sorseggiato a casa propria d’inverno per riscaldare l’organismo, irrobustire il sistema immunitario, agevolare la digestione e combattere gli stati influenzali. Analoga funzione ma in chiave gustosa ha il pickle di curcuma, ovvero la radice fresca tagliata a tocchetti e conservata in salamoia, che si consuma durante i pasti perché molto saporita e stuzzicante. Infine, per sciogliere il muco nei bronchi, è possibile assumere regolarmente un amalgama di curcuma in polvere e miele.
  • Il peperoncino, antibiotico naturale, è anche antinfiammatorio, antiossidante e ottimo per abbassare la pressione arteriosa e regolare le funzioni intestinali, favorendo così la digestione. In India si usano i peperoncini rossi, ma soprattutto quelli verdi che di solito vengono tritati per un soffritto nei sughi, lasciati interi per frittura, o degustati crudi per accompagnare pietanze salate, anche a colazione. In quest’ultimo caso vengono conservati marinati con semi di mostarda, limone e sale. Inoltre, in India i peperoncini verdi vengono tradizionalmente appesi all’ingresso delle case con limoni freschi perché si ritiene, come anche in tanti altri luoghi, che allontanino il malocchio. Insomma, un po’ come in Calabria!
  • Il cumino, di cui si sfruttano i semi e la loro polvere, proviene invece originariamente del bacino mediterraneo ed è una buona fonte di ferro. Inoltre, è nota la sua proprietà di agevolare la digestione tramite la stimolazione degli enzimi pancreatici, elementi necessari alla assimilazione dei nutrienti. Analogamente, la stimolazione degli enzimi lo rende tra le sostanze in grado di purificare i radicali liberi e dunque contribuire al benessere della persona in senso più largo. Inoltre, il cumino trova anche impiego come rimedio a problemi dermatologici. In cucina è presente in quasi tutte le pietanze ed è l’ingrediente chiave del Chaas, o Lassi, una popolare bevanda a base di yogurt, che si beve a fine pasto per agevolare la digestione. Infine, il cumino è un elemento indispensabile della miscela di spezie Garam Masala.
  • Se volete sapere qualcosa della cucina indiana, dovete assolutamente conoscere il Garam Masala, una miscela di spezie ed erbe aromatiche che vengono tostate in padella e poi macinate, dal colore scuro e dal sapore intenso. “Scalda pur senza esser piccante”, spiega Niraj, infatti, “garam vuol dire caldo e masala spezie”. Nell’Ayurveda, medicina tradizionale utilizzata in India fin dall’antichità, si ritiene che la convergenza presente in questo mix dei sapori dolce, amaro, aspro, astringente, salato e umami attivi il metabolismo e faciliti l’espulsione delle tossine, mantenendo così equilibrato il corpo. Ogni famiglia lo prepara in modo diverso, cioè con un insieme differente di spezie, ma quelle che non mancano mai sono il pepe nero, il cumino e la cannella. Niraj aggiunge anche semi di coriandolo, anice stellato, chiodi di garofano e foglie di alloro: questo insieme è quello per lui perfetto per condire molti piatti come il riso Biryani, le ricette a base di lenticchie, pesce e carne, ma anche soprattutto per i samosa.
  • La cannella, invece, meno utilizzata nella cucina indiana, venne importata dagli inglesi e fu oggetto di commercio durante tutta la dominazione di oltre 100 anni: “per questo ho ragione di affermare che devono a noi i celeberrimi biscotti gingerbread!”, dice fiero Niraj. Oggi in India si usa soprattutto per insaporire alcune zuppe, nei dolci, in particolare nei templi del Sud, e per il tradizionale tè.
  • La spezia sovrana dei dessert è invece lo zafferano, di cui la regione del Kashmir abbonda, anticamente conteso e caro al punto tale da essere annoverato nella dote delle spose. Se il suo valore non ha subito inflazione nei secoli è perché ancora oggi non abbonda, e lo si raccoglie e seleziona rigorosamente a mano. È la spezia privilegiata dai bramini per la realizzazione di particolari dolcetti benedetti, dalle diverse fogge, venduti ai fedeli al termine delle preghiere, nei templi di tutto il Paese. Abbinato frequentemente ai dolci a base di frutta secca, nell’India del Nord si può trovare anche nel Masala Chai ed è il protagonista dell’esclusivo gusto di gelato BPK (Badam = mandorla, Pista = pistacchio e Kesar =zafferano).
  • Il cardamomo è considerato una spezia sacra perché utilizzata nei luoghi di culto. Lo si impiega sia nelle pietanze salate che nei dolci realizzati nei templi, per questo è oggetto di benedizione e distribuzione ai fedeli. A differenza delle altre spezie, si consiglia di conservarlo in frigorifero per preservarne il sapore, che altrimenti si potrebbe dissipare. Anche questo è un ingrediente del Masala Chai.

Parlare di cucina indiana, come per tutte le culture, è sempre limiante. Qui abbiamo cercato di offrirvi un piccolo punto di vista per quanto riguarda il mondo delle spezie.

Non vi resta quindi che seguire Niraj su Instagram sul suo profilo Cuisine of Mine per scoprire molto altro che non si conosce sulla cucina indiana!

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