Il gelato, sempre più considerato, sempre più discusso, sempre più apprezzato.
Secondo l’osservatorio SIGEP World, che da venticinque anni fotografa dati e tendenze nel settore della gelateria, nel 2024 il consumo di gelato nel Bel Paese ha superato i 600 milioni di porzioni vendute, classificandoci al primo posto davanti a Germania, Spagna, Francia e Gran Bretagna, e quest’anno le proiezioni parlando di + 4% sui consumi.
Insomma, agli italiani il gelato piace e sebbene la semantica “artigianale” sia tutt’ora un concetto fumoso, dato che ancora non esiste una legge che individua i dettami produttivi in tal senso, sembra crescere anche la consapevolezza del cliente che sempre più spesso si informa e predilige realtà che lavorano con un approccio virtuoso. Bandite basi pronte, coloranti e aromi di sintesi, rispetto per la stagionalità e filiera corta per quanto possibile diventano quindi manifesto e bussola per orientarsi nel mare magnum delle insegne che popolano lo Stivale.
E Stefano Guizzetti, con una laurea in tecnologia alimentare e una specializzazione in chimica del gelato, ha fatto sicuramente suoi questi dettami, anzi… si è spinto anche oltre. Ciacco Lab è la sua insegna, presente con due punti vendita a Parma e Milano e si inserisce a pieno titolo nel panorama delle migliori gelaterie della Penisola, anche grazie alla capacità di ripensare questo prodotto così pop attraverso un fine studio sulle ricette, un lavoro certosino sulle texture e una buona dose di estro e sensibilità gastromica: la stessa che lo ha spinto ad esplorare dimensioni di gusto capaci di scrivere pagine nuove del gelato contemporaneo. Tra le numerose proposte originali presenti a rotazione in carapina, non ho potuto non notare quanto il tema dell’amaro sia ricorrente. La questione potrebbe sembrare quasi una contraddizione dato che parliamo di un prodotto la cui dimensione sensoriale è giocata sulle dolcezze, eppure nelle proposte di Ciacco gli elementi amari nel gelato non sono così sporadici.


Amaro: una sfida sensoriale
L’universo delle sostanze amare è complesso ed altrettanto eterogenea è la risposta sensoriale che ne deriva, sia in termini di intensità che di natura della sensazione. Alcaloidi come la caffeina e chinina, glicosidi contenuti in cicoria e carciofi, peptidi derivanti da idrolisi proteica (presenti ad esempio in alcuni formaggi stagionati), ma anche flavonoidi e tannini presenti in molti frutti e piante.
La percezione del sapore amaro è spesso associata a composti potenzialmente tossici, per questo motivo l’intelligenza dell’evoluzione ha dotato l’uomo e molti altri animali di un’alta sensibilità alla sua percezione. Genetica, aspetti antropologici e culturali rendono la nostra relazione con l’amaro non solo una questione soggettiva, ma per le ragioni menzionate pocanzi, potenzialmente sfidante. Ma questo sapore scomodo e ostile può rappresentare anche un elemento sensoriale che aggiunge complessità, profondità ed eleganza all’esperienza sensoriale.
Di certo, sperimentare questa dimensione gustativa in un prodotto nato per esprimersi con dolcezze talvolta marcate, soprattutto nelle proposte d’antan, è una scelta coraggiosa. Ma è evidente quanto sul tema Stefano Guizzetti si trovi a proprio agio: lo dimostra in uno dei gusti parte del progetto botaniche, nato dall’intuizione di utilizzare ingredienti della stessa famiglia botanica facendoli esprimere in gelati inediti e sorprendenti: ad esempio nel suo Caffè, china e asperula, omaggio alle Rubiacee, le dimensioni amare del caffè e della china si esprimono non in addizione ma in complessità, regalando una cucchiaiata setosa e di grande finezza.
E che dire di Albedo, sorbetto al limone in cui si utilizza tutto il frutto, estratto, infuso e decotto, e appunto l’albedo, ovvero la parte bianca sotto la buccia, una sferzata acidula con un amaro profondo, intenso e lunghissimo. Nomen omen per Amaro, sorbetto al pompelmo con tre infusi di china, genziana e rabarbaro, che esplora le profondità degli amari vegetali. Botaniche che ritroviamo anche in quello che è ormai diventato un signature: Mi-To, omaggio al noto pre-dinner, è un sorbetto all’arancia con vermouth e bitter che colpisce per equilibrio e caratterizzazione, con un amaro persistente ma non sgraziato e un naso che lascia esprimere agrume e bevande spiritose con grande nitidezza. Una commistione che gli appassionati di mixology apprezzeranno di certo.

Insomma, amaro in questi casi significa complessità: saperlo usare, saperlo dosare, saperlo apprezzare.
Foto: Ciacco Lab