In queste settimane si è alzato un vero e proprio polverone riguardo i potenziali rischi connessi al consumo di formaggi prodotti a latte crudo.
Già qui avevamo parlato di latte crudo e il suo utilizzo nell’ambito della gelateria, ma anche il mondo della produzione di formaggio merita qualche approfondimento in più, nonostante le indicazioni di consumo rimangano le stesse e fanno riferimento a linee guida condivise da tutti coloro che si occupano di salute pubblica.
Il rischio legato a eventuali contaminazioni di patogeni è sì da ricercare nella materia prima di origine non pastorizzata, ma anche nella mancata o ridotta applicazione delle norme igienico-sanitarie inerenti la produzione di latte e la sua lavorazione. Da sottolineare che si tratta di un rischio e, in persone sane, esso risulta estremamente limitato, se non quasi assente. La consapevolezza sta nello scegliere di consumare i formaggi prodotti a latte crudo, avendo cura di selezionare le produzioni controllate e il più possibile condotte in ambienti puliti, considerando che il rischio di contrarre infezioni si abbassa man mano che la stagionatura prosegue, soprattutto nelle paste cotte e semi-cotte, come potrebbero essere le tome di alpeggio, spesso prodotte a partire da latte crudo. Inoltre, è fondamentale sapere che le le persone immunodrepresse rischiano maggiormente, ma anche anziani, bambini e donne in gravidanza.
Una delle patologie più comuni che si possono sviluppare inegerendo prodotti realizzati con latte crudo contaminati è la sindrome emolitico-uremica, un’infezione batterica che porta alla formazione di micro-coaguli di sangue che possono compromettere la funzione di molti organi, reni in primis. Il decorso è dovuto all’azione di due particolari tossine, la shiga o la verocitotossina, prodotte dai microrganismi come Escherichia coli ed in particolare i sierotipi O 157, 26, 111, 103, 145. La sindrome emolitico-uremica è abbastanza rara: ogni anno in Italia si registrano non più di cinquanta diagnosi, in buona parte in bambini di età inferiore ai quattro anni poiché molto più suscettibili al contagio. Ecco perché, specialmente nei bambini, il latte crudo non deve essere somministrato se non precedentemente bollito.
Fonte: fondazione veronesi
I formaggi a latte crudo: un concentrato di straordinaria unicità
Preso atto di queste cosapevolezze, vorremmo parlare di quanto invece i formaggi prodotti a latte crudo siano straordinariamente unici. Oltre agli aspetti nutrizionali, la produzione di formaggi a latte crudo rappresenta un modo per tutelare e salvaguardare la piccola produzione artigiana e il territorio in cui si inseriscono. Un vero e proprio concentrato di significati assolutamente da tutelare.

Inutili allarmismi non sono affatto da promuovere, andrebbero a stimolare un circolo non virtuoso che andrebbe a penalizzare in modo non corretto un mondo già di per sè molto fragile.
I formaggi prodotti a latte crudo possiedono microrganismi unici e positivi per la fermentazione e lo sviluppo di particolari caratteristiche aromatiche e gustative, che si esprimeranno all’assaggio di questi autentici tesori caseari. Diversamente, avremmo a disposizione prodotti molto simili tra loro, riproducibili in ogni parte del globo senza limite alcuno.


Fare chiarezza e creare consapevolezza con la corretta informazione per il consumatore equivale a tutelare questi formaggi e a garantirne la sopravvivenza, ma anche di evitare di mettere a rischio la salute dei più vulnerabili. Ben venga l’indicazione in etichetta (anche se negli ingredienti è già indicato se il formaggio è prodotto con latte crudo o termizzato), a caratterizzare una tipologia di formaggi da valorizzare, ma che permetta al consumatore consapevole di scegliere.
Se ci pensate, il contrario sarebbe un’inutile guerra persa tra fragili.
Viva quindi i formaggi a latte crudo, viva la corretta informazione, viva la scelta consapevole.